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8 Marzo 2017,in omaggio ad Oriana

 

      L' 8 MARZO ... ORIANA FALLACI, UNA DONNA VERA  


           

Si avvicina l'8 marzo, la tanto famigerata festa della donna.
Ultimamente si è parlato e straparlato della donna per motivi prettamente politici.
Non credo che noi donne possiamo essere valutate negli infiniti e disparati modi in cui la politica e i media ci hanno scaraventato, in maniera feroce e scandalosa e nello stesso tempo non conforme alla nostra vera identità. E come donna, "non accetto una qualsiasi classificazione per essere collocata da una parte o dall'altra, poiché io non sono strumentalizzabile".
Poiché è proprio a questo che siamo giunti!
E la donna non è mai stata in mano della politica come in questo periodo servendosi di lei, come meglio crede.
Mai e poi mai accetterò il mio assetto in un apparato che viene stabilito da chicchessia. Io non amo le piazze proprio perché non mi serve avere il bene placito di altra gente per avere coscienza di me stessa. E nello stesso tempo mi sentirei molto avvilita e anche ridicola nel dover ricorrere a questi mediocri stratagemmi per poter continuare ad essere una donna con la sua identità.
E per questi più che validi motivi, io non festeggerò l'8 marzo. Non voglio far retorica nell'affermare che la donna si è dovuta far valere per essere uguale all'uomo, per avere una parità.
Ed è inutile ripetere che essa è stata spesso considerata un'appendice dell'uomo. Cosa che ha sempre saputo, ma mai accettato.
La storia ci insegna che grandi donne del passato, sono state prima dimenticate e poi rivalutate proprio perché la loro capacità e la loro competenza di interagire e operare nei vari contesti, non sono state mai di poca entità.
Ultimamente si è ricominciato a parlare di Oriana Fallaci.
E sinceramente, non mi è piaciuto affatto il motivo per cui Oriana sia stata "rispolverata."
Lei è sempre stata se stessa! Ma in nessun caso come adesso, è stata tanto considerata.
Fini ha tradito i suoi elettori ... e subito tutti i giornali hanno "utilizzato" Oriana come lungimirante inoppugnabile.
Gli stati del Nord Africa si sono ribellati ai dittatori ... ed ecco apparire di nuovo, su tutti i giornali, che per lo stesso motivo, l'avevano condannata, Oriana Fallaci, perché lei lo aveva già previsto.
Sembra quindi che l'invasione da parte dell'Islam stia diventando un evento molto vicino e concepibile e non più una maniaca ossessione generata dalla mente disturbata di una donna xenofoba e psicopatica come Oriana Fallaci.
Sì, perché Oriana era stata definita così dalla maggior parte della gente, per molto tempo.
E, mai come in questo periodo, ha ricevuto tanti apprezzamenti e citazioni considerevoli, sia dalla destra che dalla sinistra.
Oriana è stata una giornalista scomoda e non servendosi in alcun modo, della falsa diplomazia dei politici, ha sempre detto ciò che pensava. Questa sua schiettezza e spontaneità non l'hanno di certo resa amabile a politici e governanti che di scaltrezza e perspicacia riempiono il loro sconclusionato mondo quotidiano.
La strumentalizzazione che la politica e i media sono riusciti a realizzare sulla donna in questo periodo è veramente ridicola.
Ed è ancor più ridicolo, il fatto che della Fallaci ci si sia ricordati solo per banali duelli politici.
Oriana prima di essere una giornalista era una donna.
La sua vita è stata una continua lotta che l'ha vista da eroica ragazzina della Resistenza, a coraggiosa giornalista che ha intervistato capi di governo di ogni partito e credo.
E come donna, ha amato, e sofferto per la perdita del suo compagno.
Grande conoscitrice dell'animo umano, nonché dei percorsi politici dei potenti, Oriana, donna di grande cultura, non ha mai parlato a caso, ma ciò che gridava a gran voce non è stato ascoltato abbastanza per poterla considerare qualcuno che riusciva ad elevarsi dal coro.
Un coro che piaceva a tutti così, piatto e lineare e quella voce che cercava di elevarsi al di sopra di esso, è stato considerato da molti un suono stridulo e sgradevole ... direi fastidioso.
Molti l'hanno derisa e persino imitata. Premi nobel della letteratura come Dario Fo, hanno trovato in Oriana una scaletta cui sostenersi per regalare spettacoli infimi e ignobili, al suo amato e insulso pubblico che di lui continua a bearsi, e non contento il bravo premio nobel si è fatto sorreggere da sempliciotti saltimbanchi come sua moglie e Sabina Guzzanti.
Nonostante tutto, Oriana ha ignorato tanta ipocrisia e dall'11 settembre in poi le sue grida sono diventate più fragorose e sofferenti, soprattutto per quel silenzio assordante con il quale i politici le rispondevano.
Grida che riecheggiavano nei suoi bellissimi libri che sebbene fossero stati molti i lettori, nessuno si è dato la pena di credere in lei.
L'hanno chiamata Cassandra, Valchiria dell'Occidente ... ma a lei, sarebbe bastato il suo nome.
La vita di questa grande donna ha avuto un epilogo direi scontato. Nessun giornale l'ha onorata. Nemmeno quello della sua tanto amata Firenze.
E Oriana se n'é andata, non senza gli sberleffi e i festeggiamenti dei soliti saltimbanchi buffoni che con i loro amici musulmani hanno fatto cassetta nella loro disgustosa esibizione, data in pasto a tutti i media.
Se n'era andata una donna che nessuno aveva mai ascoltato, ma la sua assenza non ha fatto altro che sprofondarci ancor di più in quell'incredibile abisso di immenso abbandono che non si chiuderà mai.
Il suo infinito amore per la sua Italia, non l'ha salvata, al contrario l'ha portata via ... lontano, verso un destino irriconoscente e ingrato.
L'8 marzo di Oriana, sarebbe un giorno ormai decaduto, estinto, spento.
Perché ora, non è altro che una data che nel tempo ha perduto il suo antico originale senso.
E con la sua irreprensibilità e coerenza, Oriana non avrebbe mai potuto accogliere a sé nessun genere di strumentalizzazione, aerante e simulatrice, com'è diventata, appunto, questa discutibile celebrazione dell'8 marzo.

Nicole Dark - 2011

La storia di Hiba

Ho parlato con Hiba Krisht dei 15 anni che ha passato indossando il velo contro la sua volontà, di come l'Islam può ipersessualizzare le donne e del rischio che il suo sito possa essere strumentalizzato.

Di Simon Davis


Hiba Krisht. Immagini per gentile concessione dell'intervistata.

Un po' più di un anno fa, sotto lo pseudonimo di Marwa Berro, Hiba Krisht ha iniziato a raccontare la sua esperienza di ex musulmana ed ex donna velata residente negli Stati Uniti. Hiba ha 25 anni e per tutta la sua infanzia e adolescenza, trascorsa in Arabia Saudita e in Libano, ha indossato l'hijab. Quando è arrivata negli Stati Uniti lo ha tolto, e ad agosto saranno due anni da quando ha smesso di indossarlo.

Nelle ultime settimane Krisht si è trovata al centro dell'attenzione mediatica per aver lanciato "The Ex-Hijabi Fashion Photo Journal," un Tumblr "dedicato a celebrare il corpo e la moda, nello specifico per le donne che si sono separate dagli obblighi di modestia previsti dall'Islam." Il giorno dopo averlo aperto, al suo risveglio ha trovato un articolo al riguardo su Mediaite, centinaia di visite sul suo blog e i suoi social "invasi da persone entusiaste dell'idea." Di recente avevo incontrato di sfuggita Krisht alla conferenza "Women in Secularism" del Center for Inquiry, così l'ho contattata per saperne di più sul suo nuovo progetto.

VICE: Che correlazione c'è tra il tuo ateismo, il tuo femminismo e la decisione di non indossare più il velo?
Hiba Krisht: Il mio allontanamento dalla religione è stato una conseguenza dell'incapacità di adeguarmi al ruolo della donna e alle richieste di modestia dell'Islam e delle altre religioni abramitiche. Sentivo che il mio corpo veniva continuamente esaminato e messo all'indice. Il mio comportamento veniva monitorato alla luce della percezione del mio corpo. Troppo spesso nei precetti islamici della modestia i corpi vengono trattati come una fonte di vergogna, mentre la retorica a favore del velo avvicina le donne a oggetti che possono essere posseduti e utilizzati, paragonandole a perle in un'ostrica o a caramelle da scartare. La parola araba usata negli ambienti religiosi per indicare le parti del corpo che vanno assolutamente coperte è 'awrah (عورة), un termine che rimanda al concetto di imperfezione. Il corpo non coperto delle donne viene ricondotto alla fitnah (فتنة) per descriverne la "tentazione". È lo stesso termine usato anche per riferirsi a rivolte, guerre civili e discordia. Queste sono le parole che crescendo abbiamo sentito associare a noi e ai nostri corpi.

Ma il mio corpo non è un pomo della discordia che va coperto. Molte di noi hanno abbandonato l'Islam e i principi della semplicità perché si sono rifiutate di essere trattate in questo modo, non volevano che i loro capelli e i loro corpi, solo perché visibili, venissero considerati un pericolo e una tentazione. Quello della celebrazione del corpo e il rifiuto dei principi della modestia è un passaggio sostenuto anche da molte persone religiose.

Dopo aver visto i nostri corpi trattati con tanto disprezzo, penso sia giusto avere uno spazio per celebrarli in tutta la loro bellezza, senza vergogna; per raccontare le storie dei nostri corpi, per adornarli con cose bellissime, alla luce del sole. Uno spazio dove possiamo finalmente determinare come vogliamo apparire e come vogliamo sentirci.

Qual è, per te, l'aspetto più difficile dell'aver smesso di indossare il velo?
In realtà quando portavo il velo non facevo altro che comportarmi come si sarebbe comportata una donna che lo indossava-ovvero con modestia, sommessamente, limitando la mia presenza in pubblico e le mie interazioni con altre persone; più che una mia convinta adesione a quel ruolo, era la mia famiglia a spingermi a farlo. È stato un grande esercizio di autocontrollo. Ero costretta a mentire: mentivo con il mio corpo, con le mie azioni, con il mio viso, con le parole che pronunciavo-perché dovevo compiere rituali in cui non credevo, dovevo essere d'accordo con opinioni che detestavo e tacere di fronte a espressioni di misoginia, razzismo e omofobia. Ho imparato a nascondermi e a comunicare in segreto, per riuscire ad avere quel minimo di calore umano che mi permettesse non solo di sopravvivere ma di vivere.

Ogni persona ha una storia diversa, ma personalmente non avrei mai immaginato i danni che tutto quel mentire, tutto quel nascondermi e tutta quella paura stavano facendo alla mia mente, quanto mi sentissi tagliata in due. Non avrei mai immaginato quanto sarebbero stati duraturi e debilitanti gli effetti di quegli anni-la disforia che avrei sviluppato, come mi sarei sentita distaccata dal mio corpo, come gli spettri di un passato fatto di paure avrebbero continuato a emergere. Quando sono arrivata negli Stati Uniti ho sviluppato un disturbo da stress post-traumatico, e questo sei anni dopo aver subito una punizione estremamente severa per aver tentato di allontanarmi dalla mia famiglia. La mia mente aveva messo in valigia un po' di cose per farci i conti più tardi, e la maggior parte di queste sono venute a galla solo dopo che mi sono liberata.

Per me è questa la più grande motivazione: mi è molto d'aiuto avere uno spazio in cui si possa parlare di tutto questo, in cui ci si possa divertire e si possano provare gioia e orgoglio nei confronti dei nostri corpi, riprendendoceli.

E per tutte le azioni portate avanti da musulmani progressisti o ex musulmani, c'è sempre la possibilità che queste vengano usate per portare avanti politiche reazionarie o persino per promuovere sentimenti anti-islamici o islamofobia, sia negli Stati Uniti che altrove. Cosa pensi al riguardo?
È una preoccupazione legittima. Purtroppo il fanatismo anti-islamico è un problema reale-un problema a cui, aggiungerei, non sono immuni nemmeno gli ex musulmani atei, perché si basa su una generalizzazione che ha le sue radici un'appartenenza etnica, culturale e razziale che è comunque nostra. Molti non-musulmani sono vittime di questo fanatismo, perché vengono percepiti comunque come appartenenti alla cultura islamica. Un altro problema che ci colpisce è il fatto che le nostre abitudini di vita passate e presenti siano raccontate in modo distorto e sfruttate dalla retorica di destra, che le trasforma in elementi di divisione invece che in elementi che possono spronare il cambiamento e il progresso. Abbiamo un sacco di ragioni per essere preoccupati dal fanatismo anti-Islam, per condannarlo e per fare sì che le nostre battaglie non vengano strumentalizzate per i suoi fini.

La possibilità che il nostro lavoro venga strumentalizzato c'è sempre, ma è un lavoro troppo importante per rinunciarci. Ci sono ancora troppi passi in avanti da fare per quanto riguarda le libertà di base e il diritto al dissenso e all'apostasia nelle società arabe e musulmane e nelle comunità di tutto il mondo legate a questo ambito. Non è che ignoriamo il problema. Speriamo di minimizzare i rischi cercando di sostenere il nostro lavoro con la razionalità e con l'empatia umana, specialmente quando si tratta di discutere circostanze particolari invece che generalizzare sull'Islam e i musulmani. Cerchiamo di essere molto chiari e aperti per quanto riguarda le nostre vedute liberali e anti-razziste, di schierarci con forza dalla parte della libertà e dell'autonomia personale, sia per chi crede che per chi non crede.

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